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black-hat SEO: pratiche scorrette di posizionamento sul web - hacker con cappuccio e sfondo dati

Portare visibilità al proprio sito attraverso pratiche di SEO (Search Engine Optimization) richiede tempo, pratica e qualche crisi di nervi. Questo fa sì che molte persone desistano dall’intento, in genere ripiegando su soluzioni a pagamento come le sponsorizzate o campagne commerciali in forma massiccia. Ma come sempre, anche in questo caso, non mancano i geni del male che si avvalgono invece di pratiche scorrette chiamate black-hat SEO.

black-hat SEO: pratiche scorrette di posizionamento sul web - hacker con cappuccio e sfondo dati

Questi soggetti si illudono di poter fregare l’algoritmo di Google e cercare di scalare più velocemente le pagine dei risultati di ricerca. A parte il fatto che i risultati e la speranza di farla franca sono spesso temporanei, l’utilizzo di queste pratiche è spesso illegale, oltre che immorale e anche nel caso migliore si rischiano danni a livello di posizionamento, sanzioni, blocchi, segnalazioni e altre situazioni molto poco piacevoli.

I rischi delle pratiche di posizionamento black-hat SEO

L’algoritmo di Google ha perciò imparato con il tempo a riconoscere questi tentativi di ingannarlo. Quando un sito si avvale di pratiche scorrette e talvolta contrarie alle stesse linee guida del motore di ricerca spesso è solo questione di tempo perché tutto crolli al primo aggiornamento e quindi è un coro comune di pianti e domande più o meno vaghe sul sito non compaia più tra i primi risultati.

rischi per il posizionamento in caso di black-hat SEO - incappucciato con punto interrogativo

Insomma proprio della serie “You think you’re clever, don’t you?”. Tradotto in italiano sarebbe più o meno: “Ti credevi davvero furbo, vero?”.

Pertanto se dovesse passarti anche solo lontanamente per la testa di giocare sporco sappi che nel caso in cui venissi scoperto il tuo sito potrebbe essere penalizzato pesantemente o addirittura cancellato dagli indici del motore di ricerca.

Pratiche di posizionamento black-hat SEO: quali sono?

Ma adesso vediamo quali sono nello specifico queste pratiche scorrette che attirano tanti verso il lato oscuro della SEO:

Keyword Stuffing

Fare Keyword staffing significa letteralmente “imbottire/farcire di parole chiave”. È la pratica di ripetere in maniera esagerata le keyword all’interno di un testo. I più ingegnosi poi mascherano questa ridondante ripetizione colorando ad esempio le parole chiave dello stesso colore dello sfondo del loro sito web, in modo che queste non appaiano al lettore ma vengano comunque rilevate dall’algoritmo. Purtroppo queste pratiche sono in uso anche su siti apparentemente autorevoli.

Doorway Pages

Le doorway pages sono pagine web prive di contenuti di valore in quanto piene zeppe di keyword e link che portano ad altre pagine del sito web di riferimento. Non vanno confuse con i link interni, che se utilizzati in maniera naturale e sensata costituiscono invece una buona tecnica che favorisce il posizionemento naturale, Le doorway pages invece hanno l’unico scopo di attirare l’attenzione degli utenti e tentare di migliorare il posizionamento su Google sfruttando la naturale curiosità delle persone.

Ad oggi, per il dispiacere dei numerosi furbetti che ne facevano uso, Google classifica queste pagine come spam rendendone l’utilizzo inutile se non dannoso per il proprio sito web.

Desert Scraping

Desert Scraping significa letteralmente “raschiare il deserto”. Infatti è una pratica che consiste nello spacciare per propri contenuti non più indicizzati, provenienti in realtà da altri siti i cui domini sono scaduti.

Cloaking

Il termine Cloaking significa “occultare”. Il cloaking consiste nel mostrare all’algoritmo del motore di ricerca una versione diversa, più ottimizzata di una pagina web rispetto a quella visibile agli utenti al fine di migliorarne il posizionamento. Potrà stuzzicarti sapere che in alcuni casi il cloaking è tollerato da Google, ma meglio comunque fare attenzione perché comunque gli algoritmi sono in costante aggiornamento… Infatti un conto è aggiornare spesso il proprio contenuto e scegliere la versione migliore e più adatta per il proprio utente e un’altra è fare i furbi.

Link Farm

Le Link Farm sono letteralmente delle “fattorie di link”: pagine il cui unico utilizzo è quello di contenere link. Questi collegamenti a loro volta portano a siti di ogni genere, al solo scopo di costruire in modo artificioso delle reti di backlink e aumentare la popolarità di un sito. Il particolare divertente è che avere tanti link risulta comunque inutile o comunque incide poco se il contenuto non è di qualità, l’argomento non è coerente e l’utente una volta giunto sul sito non trova le informazioni che cerca. Si possono anche gonfiare temporaneamente i risultati, ma questo di sicuro non garantisce un risultato duraturo e che accresca la web reputation. In pratica se dovete fare link building rivolgetevi ad un professionista e realizzate articoli e contenuti di qualità.

rischi e considerazioni in caso di posizionamento con pratiche scorrette di black-hat SEO

Conclusioni e considerazioni personali

Queste sono alcune delle tecniche più diffuse di black-hat SEO. Come ti dicevo prima, Google ha ormai imparato a riconoscere molte di queste pratiche penalizzando i siti che ne fanno uso. Quindi personalmente ti consiglio di pensarci due volte prima di intraprendere losche scorciatoie o trucchetti trovati sul web, sperando nel miracolo. Ottenere risultati utilizzando la SEO richiede tempo e costanza ma la fatica sarà ripagata con risultati duraturi e soddisfazioni sia per te che per il tuo cliente.

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